La frontiera

Haviu et Hayom è lieto di invitarvi al primo appuntamento del Cineforum “La frontiera”.

Frontiera: Linea di demarcazione, di distinzione netta; limite estremo valicabile, sia pure solo dopo molti sforzi; traguardo raggiungibile
(dal Dizionario Italiano Sabatini Coletti)

Come trasformare una linea di demarcazione netta in un traguardo raggiungibile?

Haviu et Hayom invita i giovani a riflettere e discutere sul significato della frontiera, attraverso un percorso cinematografico che vuole essere anche un percorso di pace.

Mercoledì 29 Febbraio: proiezione del film “Il giardino dei limoni” di Eran Riklis.

Si prega di confermare la presenza.

Precarietà tra tende e succot

Un nutrito gruppo di giovani ha affollato ieri sera la sukkah del Centro Pitigliani per presenziare all’incontro organizzato dall’associazione Haviu Et Hayom, incentrato sul concetto della precarietà. Il primo intervento è stato quello di rav Gianfranco Di Segni, che ha tenuto una lezione talmudica sulla sukkah con i riferimenti riguardanti la sua costruzione. Collegandosi all’architettura e anche alla geografia astronomica, rav Di Segni si è concentrato principalmente su due punti: la costruzione della capanna non deve superare i dieci metri e deve ricevere ombra dal tetto. Appassionando i partecipanti, ha introdotto i pareri dei rabbanim più illustri spiegando come la posizione vincente sia quella di Rava. Infatti egli è stato l’ultimo e quindi il più autorevole, poiché nel suo bagaglio di conoscenza sono presenti tutte le opinioni dei suoi predecessori.

A seguire l’intervento di Aviram Levy, economista, che riporta il tema della precarietà ai nostri giorni, riferendosi alla scottante questione degli indignados in Israele. L’argomento è stato illustrato con chiarezza anche ai digiuni di economia. Perché i cittadini israeliani hanno levato un grido di protesta che ha accomunato classi ed età differenti? Principalmente per tre motivi, spiega Levy. 1) Lo sviluppo dell’alta tecnologia ha distinto negli ultimi anni Israele, fornendo però pochi posti di lavoro. Il risultato? Un divario economico ingente che ha favorito una piccola frangia della popolazione. 2) Le tasse gravose e dalle quali non si può sfuggire. L’alta tecnologia porta anche ai controlli incrociati. 3) L’aumento del costo della vita: la spesa per gli alloggi, la diminuzione di interesse nel settore di edilizia per quanto riguarda la costruzione di case popolari o per studenti, la debolezza del trasporto pubblico e i tagli all’istruzione che hanno portato il fiorire di scuole private e costose. Come in qualsiasi paese avanzato vi è una attrazione fatale tra politica ed editoria con un conseguente controllo dell’informazione. Ma i fautori della protesta sono comunque al centro dell’attenzione mediatica e dimostrano una civiltà e caparbietà che sembra aver finalmente portato dei risultati. Tra domande, curiosità e la disponibilità dei due oratori, l’incontro si è concluso con una cena riparati dalla sukkah che nella sua precarietà ci continua a far alzare gli occhi verso il cielo.

Rachel Silvera

Haviu et Hayom e Ugei: Il confronto attraverso il cinema

“E’ vivo, è qui nella villa, l’ho visto! E’ malato, è molto vecchio ma si riesce a portarlo via, non ha guardie del corpo, c’è solo un’infermiera. Portiamolo via, portiamolo in Israele, in tribunale, non è difficile, ce la facciamo benissimo anche noi due da soli. Noi possiamo fare giustizia!”

Queste le parole di Eyal, un agente del Mossad israeliano che, dopo aver a lungo dato la caccia a un vecchio generale nazista, una volta trovato si accorge di aver di fronte una situazione più grande di lui. Crimini troppo grandi per poter essere puniti dagli uomini. Cos’è la giustizia? Chi ha il diritto di stabilire i suoi confini?

Ma facciamo un passo indietro. Eyal (Lior Ashkenazi) è il protagonista di “Walk on Water”, film di Eytan Fox del 2004. Una sessantina di giovani della comunità ebraica romana hanno partecipato, Mercoledì 11 Maggio, a un aperitivo con cineforum, nato dalla collaborazione tra il movimento giovanile Haviu et Hayom e l’Ugei, che proponeva la suddetta pellicola.

L’Unione dei Giovani Ebrei Italiani (http://www.ugei.it/) ha così presentato  un’ iniziativa al pubblico romano, la prima del ciclo“ Roming”. Per Haviu et  hayom (http://haviuethayom.wordpress.com/) è stata invece la prima occasione per uscire davanti un pubblico giovane e proporre, in linea con i suoi valori, un aspetto culturale della società israeliana, come il cinema. Haviu et hayom, nato a Roma pochi mesi fa, è un gruppo di giovani ebrei, laici e sionisti, vicini ad Israele, “ma non senza riserve qualora le scelte governative non risultino in linea con un processo che porti all’affermazione del diritto all’esistenza di uno Stato palestinese democratico e autonomo, e ad una pacifica coesistenza tra i due popoli.”

Il movimento si impegna nel proporre all’esterno momenti di confronto, occasioni per mettere in dubbio, ma anche per comporre insieme, idee e punti di vista. Il film proposto affronta molteplici tematiche: dall’omosessualità alla complessa questione della giustizia.

E’ stato proprio quest’ultimo tema ad aprire il dibattito. L’agente del mossad che deve “far giustizia” uccidendo il nazista, fa nascere una domanda spontanea, ma dalla risposta meno immediata. Si tratta in questo caso di giustizia o di vendetta? Chi disegna i confini universalmente riconosciuti di questi valori?

Queste le domande che hanno stimolato un dibattito, positivo soprattutto grazie alla pluralità di opinioni emerse.

Qualcuno ha sostenuto che giustizia e vendetta sono due concetti morali, stabiliti dalla legge con criterio razionale, così da sottrarli a una dimensione arbitraria e soggettiva.

Qualche attento osservatore ha affermato invece che, nel momento in cui si uccide, portando così avanti una vendetta, si annienta qualsiasi genere di umanità.  Eyal, l’agente del Mossad, alla fine del film afferma infatti di non essere più in grado di uccidere. Ogni cosa che si avvicina a lui –dice- finisce per morire.

Il dibattito ha poi percorso strade più vicine ai nostri giorni e facendo riferimento ad avvenimenti attuali ci si è domandati se sia giusto gioire della morte di un nemico.

Le reazioni dei giovani presenti sono state concordi nel condannare manifestazioni di gioia nel caso di morte di nemici, sostenendo che il vero obiettivo da combattere sia l’idea e non l’uomo che la incarna. Ci si è poi domandati quando un nemico diviene tale. Prima di voler eliminare il nemico infatti lo si potrebbe voler in vita, tutelare la sua diversità.

Queste sono state solo alcune delle riflessioni che, Mercoledì 11 Maggio, hanno dato luogo a un’iniziativa culturale in un’ atmosfera di novità ed esordio. L’esordio si può immaginare come il primo passo che si compie e per questo lo si ricopre di importanza, esordio è nascita, un modo per diventare artefici di qualcosa.

Probabilmente questo deve essere il ruolo dei giovani: rendersi iniziatori, talvolta anticipatori, creare nuovi spazi e trasformarli in terreni di confronto. Insomma, divenire protagonisti di ciò che  intorno.

Dana Portaleone

Gaia Litrico