Un sefardita a Parigi

Tra i più caratteristici al mondo, il quartiere ebraico di Parigi, Le Marais, è un microcosmo dentro la città.

Un reticolo di strade tra Place de la Bastille e il Museo Pompidou ne costituisce il cuore indicando con i nomi delle vie, presenze di antiche sinagoghe(Rue du Temple, Rue vieille du Temple etc…), vecchi mercati e quelli che furono momenti di vita quotidiana.

Abitudini, riti e tradizioni del presente scandiscono le giornate, in un tran tran che si ripete sempre uguale a se stesso, creando la condivisione di un tempo comune a chi popola questo quartiere.

Strade, vicoli e stretti passages conservano alcuni tra gli edifici più antichi della città, testimoni e custodi di uno stile architettonico scomparso nel resto della città a metà ‘800 per via del rinnovamento urbanistico voluto da Napoleone III.

Se l’atmosfera del Marais è inimitabile è altresì vero che a Parigi esistono diverse realtà promotrici di cultura ebraica. Tra queste rientra senza dubbio il Museo Nissim de Camondo, nel XVIII  arrondissement, nei pressi di Montmartre.

La storia di questo museo si snoda negli anni, quasi un secolo, e attraversa il continente europeo dall’oriente al cuore della Francia. Da Istanbul a Parigi.

I Camondo erano una famiglia molto importante di ebrei sefarditi. Collezionisti d’arte nonché fondatori di una delle banche più importanti dell’impero ottomano, furono peraltro ricordati da Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, per aver sostenuto finanziariamente l’unificazione italiana.

Alla fine del secondo impero la famiglia si trasferì da Istanbul a Parigi e Isaac e Moïse Camondo si distinsero come personalità di spicco dell’ambiente artistico della città.

Da questa attitudine collezionistica nasce l’attuale museo, originariamente la casa di Moïse, che fu costruita sullo stile architettonico del piccolo Trianon della reggia di Versailles.

Se non si fosse al corrente che la struttura è di fine ‘800, si potrebbe tranquillamente trascorrere la visita del museo convinti di essere in una dimora settecentesca: mobilio in stile neoclassico, preziose stoffe e tappeti, porcellane di Sevres e numerosissimi quadri di noti pittori del XVII e XVIII secolo offrono un’ eccezionale ricostruzione del modo di vivere di quell’epoca.

Moïse aveva vissuto tra fine ‘800 e inizio ‘900 in un’abitazione tipicamente neoclassica, realizzando un paradossale gioco col tempo e vivificando la memoria di quel periodo ormai tramontato.

Due realtà dislocate nella città che, pur nella loro diversa natura, assolvono un ruolo simile:  tenere lontani dall’oblio pezzi di storia.

Del resto non è forse una peculiarità della cultura ebraica quella di collezionare storie del passato, anche quello più remoto, per farle rivivere nelle generazioni future?

Gaia Litrico

(Pubblicato in versione cartacea su HaTikwà-Organo ufficiale UGEI)

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