Da Israele – cap. I

La vita a Tel Aviv è tornata completamente alla normalità.
Tel Aviv è sempre stata considerata un po’ uno “Stato nello Stato”, una bolla troppo a Sud per essere influenzata da ciò che succede a Nord, e troppo lontana da essere colpita da ciò che succede a Gaza.

Il 15 novembre però questa bolla è scoppiata al suono delle sirene anti-missile, risuonate anche qui in tutta la zona centrale di Israele. Da quel momento è cominciata una settimana sicuramente diversa. La paura che la sirena potesse suonare da un momento all’altro entrava a far parte della quotidianità e gli echi di ciò che succedeva nel sud (Gaza e le città israeliane) e delle morti, palestinesi e israeliane, influenzava tutti: favorevoli e contrari a come ci si approcciava alla “crisi”.
Il dibattito è continuato al termine della settimana con la dichiarazione del cessate il fuoco. Tutti qui in Israele erano sicuri che la situazione del Sud di Israele, sotto costante attacco missilistico terrorista, doveva terminare, ma si sono poi formate diverse opinioni: alcuni erano d’accordo con il cessate il fuoco, vedendo come priorità quella di far terminare le violenze; altri credevano che si dovesse trovare una soluzione per disarmare completamente Hamas e tutti i gruppi terroristici presenti nella striscia di Gaza.
In ogni caso però, il cessate il fuoco ha permesso alla zona di riavvicinarsi ad una situazione più vicina alla normalità, anche se per molti si tratta solo di una situazione temporanea destinata a riaggravarsi con il passare del tempo.
La società israeliana è quindi poi entrata pienamente in due discussioni politiche che hanno monopolizzato i mezzi di comunicazione: La campagna elettorale delle prossime elezioni israeliane e la dichiarazione della Palestina come stato osservatore presso l’ONU.
La campagna elettorale è nel vivo così come i processi di formazione dei diversi partiti e coalizioni che si sfideranno nelle prossime votazioni e ciò che è successo nell’assemblea delle Nazioni Unite è stato sicuramente uno dei fattori che ha influenzato l’opinione pubblica.
Si può essere più o meno d’accordo su come Israele si sia approcciata alla questione, ma è ben più diffusa la convinzione che questa azione politica non cambierà, almeno per il momento, la situazione effettiva sul territorio. Solo il tempo potrà dire se ciò avrà accelerato o rallentato il processo di pace.

Daniele Di Nepi

Twitter: @danieledinepi

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