Precarietà tra tende e succot

Un nutrito gruppo di giovani ha affollato ieri sera la sukkah del Centro Pitigliani per presenziare all’incontro organizzato dall’associazione Haviu Et Hayom, incentrato sul concetto della precarietà. Il primo intervento è stato quello di rav Gianfranco Di Segni, che ha tenuto una lezione talmudica sulla sukkah con i riferimenti riguardanti la sua costruzione. Collegandosi all’architettura e anche alla geografia astronomica, rav Di Segni si è concentrato principalmente su due punti: la costruzione della capanna non deve superare i dieci metri e deve ricevere ombra dal tetto. Appassionando i partecipanti, ha introdotto i pareri dei rabbanim più illustri spiegando come la posizione vincente sia quella di Rava. Infatti egli è stato l’ultimo e quindi il più autorevole, poiché nel suo bagaglio di conoscenza sono presenti tutte le opinioni dei suoi predecessori.

A seguire l’intervento di Aviram Levy, economista, che riporta il tema della precarietà ai nostri giorni, riferendosi alla scottante questione degli indignados in Israele. L’argomento è stato illustrato con chiarezza anche ai digiuni di economia. Perché i cittadini israeliani hanno levato un grido di protesta che ha accomunato classi ed età differenti? Principalmente per tre motivi, spiega Levy. 1) Lo sviluppo dell’alta tecnologia ha distinto negli ultimi anni Israele, fornendo però pochi posti di lavoro. Il risultato? Un divario economico ingente che ha favorito una piccola frangia della popolazione. 2) Le tasse gravose e dalle quali non si può sfuggire. L’alta tecnologia porta anche ai controlli incrociati. 3) L’aumento del costo della vita: la spesa per gli alloggi, la diminuzione di interesse nel settore di edilizia per quanto riguarda la costruzione di case popolari o per studenti, la debolezza del trasporto pubblico e i tagli all’istruzione che hanno portato il fiorire di scuole private e costose. Come in qualsiasi paese avanzato vi è una attrazione fatale tra politica ed editoria con un conseguente controllo dell’informazione. Ma i fautori della protesta sono comunque al centro dell’attenzione mediatica e dimostrano una civiltà e caparbietà che sembra aver finalmente portato dei risultati. Tra domande, curiosità e la disponibilità dei due oratori, l’incontro si è concluso con una cena riparati dalla sukkah che nella sua precarietà ci continua a far alzare gli occhi verso il cielo.

Rachel Silvera

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